Negli anni novanta non si abusava della parola vintage come oggi. E non c’era la continua corsa a riscoprire qualcosa dei ’70 e degli ’80 come oggi.
Probabilmente perché il livello della musica “irradiata” dal mainstream non era crollato agli infimi livelli di oggi (Nobel per la pace subito a chi ha inventato le cuffie e gli auricolari, ormai necessari per la coesistenza civile in presenza di casse bluetooth troppo invadenti!), ad ogni modo di certo non si riscoprivano e rivalutavano anche le cose più trash, film di Pierino compresi.
Insomma, c’era il rispetto per i grandi del passato, ovviamente ma Elvis Presley non era molto presente nei revival. The doors, Led Zeppelin, Beatles… sì ma Elvis… senza dubbio ne avevi sentito parlare, ma difficilmente trovavi ragazzi che conoscevano bene la sua influenza sul rock’n roll. Anche le repliche di Happy Days erano finite da un bel pezzo, c’erano degli omaggi casuali (ci vengono in mente quelli degli U2 e dei Prefab Sprout), ma non era frequente ascoltare qualcosa del Re del Rock’n roll.
Luciano Ligabue veniva da un periodo non facile; aveva iniziato alla grande la sua carriera negli anni 90, ma il terzo album Sopravvissuti e Sopravviventi non aveva avuto il successo dei precedenti (nonostante oggi sia stato molto rivalutato dai fan). Come si legge nella sua autobiografia “Una storia” negli ambienti delle case discografiche lo cominciavano a salutare con: “Tu una volta eri forte!” ; si salvò dall’essere accantonato solo grazie alla sua cover “A che ora è la fine del mondo” presa dal pezzo dei Rem “Is the end of the world as we know it”.
Ma i suoi detrattori lo stavano aspettando con il fucile spianato. Se il nuovo album fosse stato un altro insuccesso difficilmente sarebbe più tornato nel giro dei big.
A noi che piaceva per il suo easy rock e il cantare di coloro che vivevano fuori dai grandi giri di soldi e fortune, ma che comunque in qualche modo se la sapevano cavare, quando abbiamo letto che il titolo del nuovo album sarebbe stato “Buon compleanno Elvis!” semplicemente abbiamo pensato “È impazzito.”
Un omaggio così esplicito ad Elvis? Nel 1995?
Poi il primo singolo, “Certe notti” ed ogni perplessità finì in cantina.
Liga non era più il nostro rocker di nicchia ma il simbolo della generazione X – seconda parte.
Cosa intendiamo per la seconda parte della generazione X?
Beh quelli che… (per citare Enzo Jannacci) avevano conosciuto i benefici del boom economico ma avevano capito che le cose stavano peggiorando in fretta.
Quelli a cui avevano promesso un mondo di pace globalizzato ma facevano notare che le bombe continuavano a volare ovunque.
Quelli a cui piaceva da matti divertirsi, organizzare feste da ballo, andare alle discoteche e ai concerti… ma i nostri fratelli maggiori ci avevano messo in guardia dall’eroina per non essere decimati come loro.
Quelli che si, la discoteca, la techno, l’underground… però vuoi mettere un bel concerto rock?
L’album diventò un manifesto di quella generazione, e non a caso ogni canzone che usciva sembrava che Liga ce l’avesse strappata dall’anima.
“Vivo morto o X” che urlava la rabbia per tutto il tempo che ci fregavano, e per il mondo fantastico che ci avevano promesso, ma in cui solo i fessi potevano credere.
“Quella che non sei” e “Viva” … ma come cazzo fai Liga a conoscere le nostre amiche e le nostre ex?
“I ragazzi sono in giro” un bellissimo inno a chi se ne va in giro irridendo e sfottendo chi vive di stereotipi di plastica (“Cosa fate, ce lo dite, a chi piscia nel vostro più bel cimitero?”)
“Seduto in riva al fosso” in cui Liga sembra essere sempre stato lì con te, quando stanco dai giri consueti, ti ritiri nel tuo posto particolare, fuori dalle spiagge o dai muretti consueti a riflettere sulla vita, l’universo e tutto quanto. E lì ci fai entrare solo chi è veramente parte della tua vita.
“Leggero” l’ultimo pezzo dell’album in cui Liga riassume tutto. Di lui, ma anche di noi a cui “davvero ci è mancato proprio solo un pelo”.
Una chiusura dell’album straordinaria. Una di quelle chiusure che ti costringono a riascoltarlo dall’inizio quell’album. Ancora e ancora.
Così scopri anche i pezzi che si direbbero “minori”: dal cantante a cui non bisogna badare, a chi ha scritto Elvis sopra il cuore, a un Dio che neanche ti può dire chi prende l’Inter però se ne va in giro con un gilet da rocker; al fatto che devi stare lontano dai posti in cui son stati Brian, Janis, Jim e Jimi perché non è una vergogna “suonare per sentirsi vivo”, o che della questione sul cielo vuoto o pieno non ce ne importa poi molto finché “Radio Clash ci accompagna da casello a casello”.
Non ci sembra essere mai stato definito un concept album il quinto disco di Liga, ma in realtà lo si può considerare tutto un lungo inno. Un inno però non “alla vita”, bensì alle vite. Le vite di coloro a cui piace vivere e divertirsi ma che provano sempre a restare dalla parte dei buoni.
Pensare che sono passati trent’anni da quell’album ti fa percepire il tempo che scorre. Sia per quel che ha fatto Liga, e che continua a fare: “Radiofreccia” ovvero uno dei più bei film della cinematografia italiana, altri dieci album in studio, concerti a Campo Volo da 100 mila persone a data in cui ogni volta è un rito collettivo non di adorazione ma di partecipazione e poi libri, racconti e fumetti e soprattutto il continuare ad essere uno dei pochi che ci mette la faccia per un mondo diverso e migliore; un mondo che lui vede ogni volta che sale sul palco: “Lo show ce l’ho di fronte/ se solo vi vedeste / un mondo dentro un mondo /che è già un po’ migliore” (Da: “Io in questo mondo” un pezzo che dice tutto sul rapporto unico fra il rocker di Correggio e i suoi fan).
Sia per quel che abbiamo fatto noi. Che alla fine non è mai poco.
E alla fine il punto resta quello di trent’anni fa, Certe Notti ti senti come Elvis a Las Vegas sulla sua Cadillac anche se stai guidando un millecento a metano tra Terni e Foligno e se per chi ci guarda dubbioso siamo ridicoli o eccessivi… beh ‘sticazzi.
E davvero, su questo punto speriamo di vederla allo stesso modo fra altri trent’ anni in modo da poter dire da non esserci rincoglioniti con l’età. Del resto…
Certe notti sei solo più allegro
Più ingordo, più ingenuo e coglione che puoi
Quelle notti son proprio quel vizio
Che non voglio smettere, smettere, mai.
N.B. foto dell’autore da Campo Volo 2025 per i trent’anni di “Certe Notti”
Le altre 27 canzoni:
Sornione
Velasquez
L’avvelenata
Time
Il giorno di dolore che uno ha
Heimat
Ci penserò domani
Meri Luis
The chauffeur
Off he goes
Ob-la-di, ob-la-da
The Times they are a changin’ – Things have changed
Rimini
The captain of her heart
The bard’s song
Stay. Faraway, so close
Il mio nome è mai più
Purple rain
Wish you were here
Fottuti per sempre
Canto del vuoto
Love will tear us apart
Curre curre guagliò
Riders on the storm
Le passanti
Runaway train
Contro il mondo