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Cento canzoni di cui parlare. “Il mio nome è mai più” compie 25 anni.

Pubblicato il 12 Set 2024

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Nel 1999 il secondo governo di pseudo-sinistra italiano a guida Massimo D’Alema, subentrato in corsa a Prodi, dopo aver ottenuto risultati storici come:

– essere stato il primo governo della storia repubblicana a regalare miliardi di soldi pubblici alle scuole private (Giulio Andreotti gli disse sinceramente stringendogli la mano: “Complimenti noi della DC non c’eravamo mai riusciti in 40 anni!”);
– aver salvato la pelle (politicamente parlando) a Berlusconi proclamando una bicamerale che lo coinvolgesse in una modifica costituzionale che non ci sarebbe mai stata e dandogli in garanzia che per quei cinque anni non avrebbero parlato del suo conflitto d’interesse politica-monopolio dell’informazione;
– aver introdotto in modo tranchant la precarizzazione del mondo del lavoro italiano, legalizzando nuovamente il caporalato (ops… scusate le avevano chiamate agenzie interinali) e introducendo i contratti co.co.co grazie ai quali i nati dopo il 1970 oltre ad aver avuto stipendi di merda avranno anche pensioni di merda;

dopo questi grandi risultati decise di appuntarsi un’altra medaglia al petto: quella di essere il primo governo repubblicano a trascinare l’Italia in una guerra dentro i confini dell’Europa. L’Esercito Italiano infatti partecipò attivamente ai bombardamenti (umanitari nevvero)  su Belgrado per consentire alla Nato di separare un ultimo pezzo alla Jugoslavia ancora esistente, ovvero quel minuscolo Kosovo che, senza la successiva installazione della più grande base Nato nei balcani, sarebbe rimasto un paese di importanza meno che nulla.

Così dopo aver fomentato le tensioni etniche e razziali fra albanesi e serbi (esattamente come avevano fatto prima nel nord della Jugoslavia, creando divisioni fra croati, serbi e bosniaci partendo dalle rivalità calcistiche fra Zagabria e Belgrado ed arrivando a coinvolgere le minoranze islamiche presenti in ognuna delle tre nazioni) si arrivò ben presto all’emergenza umanitaria e al necessario bombardamento omonimo sui civili. Serbi, ovviamente. Quelli che proprio non vogliono starci dalla parte giusta della linea occidente-altro. 

E con una destra all’opposizione che gongolava nell’accensione dei motori dei bombardieri italiani (narrano alcune malelingue che Mirko Tremaglia era così emozionato al pensiero di render pan per focaccia agli slavi che ogni tanto si sbagliava e si infilasse ancora la divisa dell’RSI per uscire di casa, fortuna che le attenti badanti…), e il ridicolo partito dei Comunisti Italiani pure al governo con il suo lider maximo Cossutta che continuava a ripetere ai TG che non aveva notizia di bombardieri italiani che avessero partecipato agli attacchi (corrono voci di alcuni giornalisti che a camere spente gli abbiano chiesto “scusi ma lei ci è o ci fa?” ricevendo per risposta la consueta alzata di spalle), potete immaginare quale era lo spazio per il dissenso pacifista.

Maggiore di quello che c’è oggi comunque, almeno ogni tanto qualche voce critica e non schierata veniva invitata ai dibattiti.
E soprattutto il web non era moderato dagli Algoritmi Demenziali (spacciati come intelligenze artificiali) che in base alla loro programmazione tappano, oscurano, boicottano, bannano tutto ciò che è fuori dal coro nelle questioni ucraine e palestinesi. Ad esempio guardate la pagina di Radio Italia (nota voce sovversiva) se prova a mostrare il video originale di questa canzone.

Piccolo sfogo: chi continua ad usare le parole Intelligenza Artificiale per identificare queste schifezze usate al 99% per controllare il web risparmiando sui moderatori dovrebbe essere cacciato a bit nel sedere da ogni comunità web.

Fortuna che ad attirare l’attenzione ci pensarono gli artisti, che seppur fuori tempo dai momenti più impegnati dell’arte italiana produssero questa canzone che oltre a raccogliere un bel po’ di fondi per Emergency, qualcuno riuscì a far rinsavire, spiegandogli che non sono le bombe sui civili che portano la pace. Banalità? Certo, ma se l’alternativa è la retorica guerrafondaia della patria e dell’esportazione della democrazia ben venga la banalità della pace.

Il movimento pacifista italiano confluì in quel fiume che diventò il movimento No-Global e il Social Forum che caratterizzò la politica dal G8 di Genova fino alle elezioni del 2006 quando, classico della sinistra italiana, si suicidò alleandosi con gli stessi che li avevano già traditi pochi anni prima.

Oggi, a 25 anni di distanza Liga-Jova-Pelù ripropongono il pezzo. Con un arrangiamento elettrico più cattivo e con più talk che cantato rispetto al 1994. Disillusione forse. Ma l’importante è esserci di nuovo. Esistere e R-esistere, come fa Emergency, una delle poche voce sempre coerenti in questi anni e a cui giustamente Ligabue, Piero Pelù e Jovanotti riassegnano i fondi di questa meritoria associazione.

È importante perché ci ricordano che se i pochi politici non allineati di allora si sono rincoglioniti o hanno le chiappe incollate a poltrone varie per esporsi di nuovo, non è detto che noi dobbiamo fare lo stesso. Ed è importante anche ricordare ai nostri governanti che non ci avrete mai come volete voi! Ah no, quella è un altra canzone… semmai ne parliamo un’altra volta.

LigaJovaPelù – Il mio nome è mai più 

Io non lo so chi c’ha ragione e chi no
se è una questione di etnia, di economia,
oppure solo pazzia: difficile saperlo.
Quello che so è che non è fantasia
e che nessuno c’ha ragione e così sia,
e pochi mesi ad un giro di boa
per voi così moderno
C’era una volta la mia vita
c’era una volta la mia casa
c’era una volta e voglio che sia ancora.
E voglio il nome di chi si impegna
a fare i conti con la propria vergogna.
Dormite pure voi che avete ancora sogni, sogni, sogni

Il mio nome è mai più, mai più, mai più…

Eccomi qua, seguivo gli ordini che ricevevo
c’è stato un tempo in cui io credevo
che arruolandomi in aviazione
avrei girato il mondo
e fatto bene alla mia gente
e fatto qualcosa di importante.
In fondo a me, a me piaceva volare…
C’era una volta un aeroplano
un militare americano
c’era una volta il gioco di un bambino.
E voglio i nomi di chi ha mentito
di chi ha parlato di una guerra giusta
io non le lancio più le vostre sante bombe,
bombe, bombe, bombe, bombe!

Il mio nome è mai più, mai più, mai più…

Io dico si dico si può
sapere convivere è dura già, lo so.
Ma per questo il compromesso
è la strada del mio crescere.
E dico si al dialogo
perché la pace è l’unica vittoria
l’unico gesto in ogni senso
che dà un peso al nostro vivere,
vivere, vivere.
Io dico si dico si può
cercare pace è l’unica vittoria
l’unico gesto in ogni senso
che darà forza al nostro vivere.
Il mio nome è mai più, mai più, mai più…

 

Le altre 16 canzoni:

Sornione
Velasquez
L’avvelenata
Time
Il giorno di dolore che uno ha
Heimat
Ci penserò domani
Meri Luis
The chauffeur
Off he goes
Ob-la-di, ob-la-da
The Times they are a changin’ – Things have changed
Rimini
The captain of her heart
The bard’s song
Stay. Faraway, so close