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Cento canzoni di cui parlare. Love will tear us apart

[022/100]

When routine bites hard and ambitions are lowAnd resentment rides high, but emotions won’t growAnd we’re changing our ways, taking different roads
Then love, love will tear us apart againLove, love will tear us apart again
Why is the bedroom so cold? You’ve turned away on your sideIs my timing that flawed? Our respect runs so dryYet there’s still this appeal that we’ve kept through our lives
But love, love will tear us apart againLove, love will tear us apart again
You cry out in your sleep, all my failings exposedThere’s a taste in my mouth as desperation takes holdJust that something so good, just can’t function no more
Then love, love will tear us apart againLove, love will tear us apart againThen love, love will tear it apart againLove, love will tear it apart again

Non sono mai stato un grande fan dei Joy Division e di Ian Curtis. Quando Bono Vox disse che “Love will  tear us apart” era l apiù bella canzone di tutti i tempi, mi feci passare “Substance” su cassetta da un mio amico.
Ascoltai a lungo, ma poca roba era nelle mie corde, troppo dark per i miei diciotto anni. Sì ascoltavo i Cure ma insomma… troppo, davvero troppo dark.
Poi parte il decimo pezzo della lista e bam! Bono Vox era ancora il mio profeta.

Non dirò altro su questo pezzo (uscito postumo dopo la morte di Curtis) ormai universalmente conosciuto, guardate in rete, ci sono aneddoti e discussioni ovunque.

I Joy Division però tornarono nella mia vita sotto forma di romanzo, quello di Romeo Vernazza “Cenerentola ascolta i Joy Division”.

E no, non vi parlerò neanche di questo romanzo di cui posso solo dirvi: leggetelo, ne vale la pena.

“Vabbè allora se non hai voglia di dirci nulla, che ti sei messo sul blog a fare?”

Che followers simpatici…  transeat e veniamo al dunque.

So di non essere Bruce Chatwin e neanche Edgar Allan Poe, vi sembrerà strano viste le numerose code di pavone che ho mostrato sui social.
Però ogni tanto capita di rileggersi a fondo, come nel caso in cui devi lavorare ad una nuova edizione dei tuoi romanzi (no spoiler, tanto se va in porto l’annutio urbi et orbi non mancherà); e così pur sapendo di non aver prodotto opere immortali, rileggendo il mio FuoriZona devo dire che il lungo pezzo iniziale in cui Fabrizio incontra Anna mi è decisamente venuto bene. Questo In My Humble Opinion, ovvio.

Ad ogni modo, (visto quanto non spoilerato prima) ve lo ripropongo qui, in onore dei Joy Division e di Romeo Vernazza. Specificando che quello che facevo dire ai personaggi di FuoriZona sul suo “Cenerentola ascolta i Joy Division” lo penso ancora oggi.

Premesso che Fabrizio Muraglia è un investigatore privato che ha la “particolarità” di sentire sempre tre voci femminili nella testa, e che sta andando in Grecia sul traghetto per dare una mano al suo amico Nico Feliciani…. Buona Lettura.

 

(Da FuoriZona)

[…]

Fabrizio sorseggiò il resto del Jack Daniel’s e si grattò il capo.

Quando aveva conosciuto Nico Feliciani nel pieno susseguirsi dei colpi di fortuna e di sfortuna che rivoluzionavano la sua vita non pensava che potesse diventare un tipo così tosto da trattare affari immobiliari in giro per il mondo.

“Speriamo di non andarci ad infilare in qualcosa di pericoloso” pensò.

“Non ti fosse mai successo!” Disse Roberta.

“Si ma un conto giocare in casa e un conto giocare in trasferta”.

“Dicono che per vincere fuori casa ci vuole il cuore, tu ce l’hai?” Deborah che parlava di cuore? Quella si che era una novità.

Rimuginando su Nico e le storie passate guardò ancora la varia umanità che compiva quel tragitto per andare a godersi il sole e le spiagge elleniche.

Non poteva non essere colpito dal fatto che quel viaggio verso le vacanze accomunava gente di tutte le età: famiglie, coppie, amici, gruppi di ragazzi, anziani, italiani, francesi, tedeschi. E i cani! Sembrava che tutti avessero un cane su quel traghetto. Eppure aveva sentito dire che la Grecia fosse famosa per i gatti “…e poi cosa avrà mai di speciale questa Grecia?” si domandò mentre si scambiava uno sguardo perplesso con un bellissimo esemplare di bulldog inglese a pochi metri da lui. A differenza del suo padrone il canide non dormiva.

Vacanzieri e altra umanità, autotrasportatori che transitavano in Grecia per tornare in Turchia o in Bulgaria. Famiglie islamiche le cui donne portavano tutte il nijab e si dividevano il loro pane azzimo con delle misteriose salse e scatolette indefinibili sul ponte; rigorosamente separate dagli uomini che mangiavano pochi metri più in là.

«Scusa… »

Fabrizio si accigliò, in tanti anni nessuna delle tre voci nella sua testa aveva mai chiesto scusa, perché Cinzia lo stava chiedendo ora?

«Scusa… »

Ancora? Fabrizio chinò indietro la testa e mentalmente chiese “Cinzia cos’hai?”

Ma la voce aumentò di tono decisamente: «Scusa!» per un attimo Fabrizio ebbe paura, ma poi si rese conto che la voce non era nella sua testa ma veniva dall’esterno, allora finalmente si girò verso la proprietaria di quella voce identica a quella di Cinzia.

Fabrizio si scosse e quasi balzò in piedi per lo stupore. Poi si controllò e restando seduto cercò di dissimulare la sua meraviglia dicendo «Scusa te, ero sovrappensiero, dimmi!»

«Niente, scusa se ti ho svegliato, non mi ero accorta che dormivi!» disse sorridendo la ragazza. «In realtà ti volevo chiedere solo una sigaretta e se hai da accendere.»

«Ma certo, fa pure!» e le porse il pacchetto di Marlboro e lo Zippo.

Osservò la ragazza mentre lei armeggiava con lo Zippo al quale evidentemente non era molto abituata; i capelli molto scuri, una sola frezza bionda che le andava dietro l’orecchio e un corpo esile ma ben proporzionato. Portava una felpa nera senza loghi apparenti e dei pantaloncini jeans corti sopra le immancabili All Star ai piedi.

«Ma è l’ultima, non posso prendertela» disse lei aprendo il pacchetto.

Lui sorrise e le mostrò che ne aveva già uno nuovo in tasca.

«Wow, sei attrezzato!»

«Non si mai… »

La guardò di nuovo armeggiare con l’accendino fino a che non riuscì ad accendersi la sigaretta. Venticinque? Ventisei anni? Pensò tirando a indovinare.

Lei aspirò e disse «Mamma mia, come fai ad usare ancora questi accendini che puzzano di benzina?»

«Ma in realtà oggi, con l’isobutano commerciale, non si sente più quell’odoraccio , dai!»

«Se lo dici tu…»

Fabrizio notò che dalla tasca frontale della felpa nera sporgeva un libro.

«Cosa leggi di bello?»

La ragazza tolse il libro dalla felpa e glie lo porse, il titolo era “Cenerentola ascolta i Joy Division” di un tale Romeo Vernazza.

«Mai sentito» commentò «ma è strano che una giovane come te conosca i Joy Division.»

La ragazza si scurì un poco in volto. Ci pensò un po’ e poi disse: «Beh… in realtà non li conosco, ne parla questo libro che non è molto conosciuto, me l’ha dato un mio amico. È una di quelle case editrici piccole… e il mio amico sai… è in quel giro di autori quasi emergenti… Va beh insomma, mi ha detto di leggerlo perché insegna a superare i lutti. E io ne ho bisogno.»

Fabrizio stava per scusarsi per l’imbarazzo creato ma la ragazza lo precedette.

«Come ti chiami?»

«Fabrizio…»

«Fabrizio ok… io sono Anna»

«Piacere!»

«Sai che sembri uscito dal secolo scorso?»

Fabrizio sorrise, «Deborah non perde un colpo!» pensò, e poi sorridendo disse: «Ma io sono del secolo scorso! Sono nato nel 1980!»

«Ah ah che scemo, anch’io per quello, sono del ’92! No dicevo del secolo ancora prima! E comunque pensavo che eri meno vecchio!»

«Grazie per il vecchio!»

«Uff, come sei permaloso lo vedi che sei del secolo scorso… anzi di quello prima?»

Anna aspirò la sigaretta, sembrò quasi indecisa sul da farsi, poi si sedette sulla sedia al suo fianco.

«Viaggi solo?»

«Sì… a parte un soriano bianco e rosso di sette chili che dorme in cabina.»

«Cioè tu hai una cabina e ci lasci il gatto a dormire?»

«Lascia stare, è una storia lunga!»

«Dio se sei strano, che vai a fare in Grecia?»

«È una storia ancora più lunga!»

«Uffiii e se non hai voglia di parlare come la passiamo la notte?» disse Anna appoggiando il gomito sul tavolino ed espirando il fumo della sigaretta.

«Ma non è che non ho voglia di parlare… è davvero che è una storia lunga… diciamo che devo andare ad aiutare un amico che ha dei problemi.»

«Quindi niente mare e sole?»

«Chissà, forse il tempo per un paio di bagni ci esce!» Sorrise Fabrizio, poi aprì il nuovo pacchetto di sigarette e se ne accese un’altra. «Tu invece con chi viaggi?»

«Con quelle due piante grasse laggiù… vedi quei due sacchi a pelo a fiori chiusi fino alla cima? Ci sono dentro due palle al piede. Due amiche che non hanno voluto che facessi questo viaggio da sola.»

«E perché non ti hanno lasciato sola?»

Anna spense la sigaretta nel posacenere, si slegò i capelli neri con la frezza bionda che faceva molto punk, armeggiò un po’ con questi e li risistemò in un modo probabilmente più comodo di prima.

«Hanno paura che faccia qualche fesseria. Ma ho passato quel momento, voglio solo andare in cima alla spiaggia del Navajo e buttare questo bracciale in acqua!» disse toccandosi il polso che era ornato da molti bracciali di pezza e uno d’oro.

«Brutta storia» disse Fabrizio «Ti ha lasciato?»

«Ha lasciato il mondo!» rispose lei. Poi prese il bicchiere di Fabrizio e lo guardò negli occhi, lui fece un cenno di assenso e lei vuotò in un sol sorso ciò che ne era rimasto.

«Una testa di cazzo che aveva scambiato la via Flaminia per l’autodromo di Monza alle 7 del mattino. Ha preso in pieno il suo scooter e Valeria ha fatto un volo di ottanta metri. Vita di merda, giusto? Anzi, è tutto una merda, giusto? È una scatola di cioccolatini la vita, giusto? Il tempo cura ogni ferita giusto? Va be’ vaffanculo, avrei voluto portarci le sue ceneri a Zante ma la famiglia mica può dar retta alla compagna che poi non è una compagna, ecchecazzo abitiamo a Fossato di Vico mica nella lesbo friendly Milano, sai che scandalo no? E allora niente. Funerali in chiesa e tu reciti la parte dell’amica del cuore e poi la bara la chiudono dentro la tomba di famiglia in mezzo agli scarafaggi e ai ragni che sennò la nonna mica può andare a Zacinto a salutarla in quella spiaggia assurda dove vorresti portarla tu e allora andate affanculo ci butterò il suo bracciale in quella cazzo di spiaggia del Navajo dove ci siamo conosciute, e ciao.»

Le era uscita così, tutta di un fiato senza una pausa e senza una lacrima. Ma adesso quelle stavano per arrivare. Fabrizio si morse l’interno del labbro si alzò e le mormorò «Aspetta» si allontanò un attimo mentre Anna si asciugava gli occhi umidi.

Tornò con altri due bicchieri di bourbon e uno glie lo mise davanti. Poi si sedette e con il suo bicchiere ancora in mano disse «Alla merda, che nella vita non manca mai». Lei accettò il brindisi e sorridendo a stento disse «Alla goccia.»

Fabrizio accettò e i bourbon sparirono in un istante. Anna scrollò la testa e fece una smorfia, ma durò per un attimo. Evidentemente negli ultimi tempi doveva essere un gesto che aveva ripetuto spesso.

Fabrizio indicò le sue due amiche che dormivano e disse: «Hanno fatto bene a non farti andare da sola. Vuol dire che ti vogliono bene.»

Anna guardò Fabrizio con uno sguardo un po’ perplesso, giocherellò con il suo accendino fra le dita ancora qualche secondo, poi sorrise: «Sei proprio del secolo scorso!» disse, alzandosi dal tavolino. «Provo ad andare a dormire anche io con quelle due palle al piede, buonanotte Fabrizio» si chinò su di lui baciandogli una guancia e si allontanò con il libro in mano.

Lui la guardò camminare: esile ma proporzionata, disperata ma orgogliosa. “Strano che Deborah non mi abbia ancora ricordato che potrebbe essere bisex e non solo lesbica!” pensò.

Si stiracchiò, usò un’altra sedia per allungare le gambe e si rilassò un poco. Sotto il suo zippo appoggiato sul tavolo sbucava un biglietto, lo aprì e c’era scritto: Sorry, siamo andate in vacanza anche noi. Deborah, Cinzia e Roberta.

Scosse la testa e provò a rileggere il biglietto, ma le lettere ora erano confuse, anzi… erano misteriosamente cambiate in una lingua incomprensibile. Scosse ancora le testa e si svegliò.

Il sole era abbastanza alto e la gente cominciava ad affollarsi al bar del traghetto per la colazione.

I suoi pensieri rimbalzavano nella mente in un silenzio per lui sconosciuto. Era il 2 Luglio 2020 e per la prima volta nella sua vita Fabrizio Muraglia era solo.

A parte Keplero a cui la colazione doveva essere servita al più presto. In cabina, ovviamente.

[…]

A Patrasso alle 16.00 del 2 Luglio, esattamente dopo 24 ore dall’imbarco ad Ancona, Fabrizio uscì dall’Hellenic Starship con la sua Alfa Romeo Giulia e dopo qualche centinaio di metri accostò in una zona tranquilla per controllare che la macchina non presentasse danni dovuti alla traversata. Sapeva che nel caso ci fossero stati non aveva alcuna possibilità di farseli rimborsare, ma ci teneva comunque ad aver sempre tutto sotto controllo.

Guardò il traghetto ormeggiato al molo, non era stato certo uno dei primi ad uscire eppure da quella pancia metallica galleggiante continuavano a venir fuori auto, camper, tir, furgoni e qualche motocicletta. Sembrava quasi che il flusso dei veicoli motorizzati non dovesse finir mai.

“Sembra contraddire la legge di non penetrabilità dei corpi” pensò, spianando volutamente la strada per una delle battute di Deborah sugli altri tipi di penetrazione dei corpi. Ma il silenzio dentro la sua mente non fu interrotto.

Si strinse le spalle e aprì la portiera del passeggero dove Keplero nel suo trasportino gli mandò uno sguardo interrogativo. Fabrizio mise il dito nei piccoli spazi quadrati che imprigionavano il gatto e questi gli strofinò contro il suo naso in segno di affetto. “Almeno sulla tua compagnia posso contare” pensò Fabrizio e richiuse lo sportello del passeggero.

Si avvicinò a quello del guidatore, lo attendevano tre ore e mezza di tragitto Patrasso – Githio come lo aveva informato google maps. Considerando che erano quasi le quattro del pomeriggio sarebbe stato da Nico per l’ora di cena.

Si infilò i suoi Rayban scuri e si apprestò ad entrare in auto quando dietro di lui sentì la voce di Anna, aveva un tono molto alterato. Stava litigando con le sue due amiche in maniera piuttosto aggressiva davanti ad una serie di costruzioni che presumibilmente erano delle biglietterie.

Fabrizio sospirò “Beh non mi volete ricordare quante volte mi sono buttato in storie sbagliate da cui dovevo tenermi alla larga?” chiese mentalmente alle sue amiche storiche senza avere nessuna risposta.

Allora salì in macchina, mise in moto e si avvicinò alle ragazze, aprì il finestrino chiese: «Anna, tutto a posto?»

Lei si girò di soprassalto, le sue due amiche lo guardarono con sospetto. Molto diverse fisicamente da Anna, avevano un aspetto quasi teutonico. Entrambe alte e bionde e una delle due era in evidente sovrappeso. Forse sorelle, forse no. Quella più magra portava gli occhiali.

«Allora? Serve una mano?»

«No, Fabrizio» disse Anna.

La ragazza magra chiese con una voce molto squillante e fastidiosa: «Sei un suo amico?»

«Mah, non lo so! Anna siamo amici?»

Lei fece un gesto nervoso con una mano e si voltò dall’altra parte.

«Guarda se la conosci e le vuoi bene forse la puoi far ragionare, aiutaci per favore!» Disse l’altra con una voce altrettanto fastidiosa.

Fabrizio spense l’automobile e scese. «Qual è il problema ragazze?» e si calò un poco i suoi occhiali scuri per guardarle meglio.

«Anna vuole andare a Zante ma da qui non c’è il traghetto.»

«Lo sapevate! Ve l’avevo detto che bisognava andare a Kyllini per prenderlo!»

«Si ma vuole andare a Kyllini con l’autostop, capisci?»

«Non è colpa mia se abbiamo perso l’autobus per le due ore di ritardo del traghetto.»

«Beh noi l’autostop non lo facciamo e andiamo ad Itaca, va bene? Da li si va a Cefalonia domani e dopodomani forse a Zante»

«No io ci devo essere domani, a Zante è chiaro?»

«Sì perché è l’anniversario di quando vi siete conosciute… Cristo santo, Anna basta con queste assurdità, e poi Cecilia ha già fatto i biglietti per Itaca»

«Doveva chiedermelo prima se ero d’accordo! Vaffanculo Elena e vaffanculo anche tua sorella! L’unica assurdità è avervi concesso di venire con me!» urlò con tutta la sua voce, poi si allontanò di corsa imboccando l’uscita del porto.

Fabrizio si tolse gli occhiali da sole e li appese al colletto della sua polo, rientrò in macchina sedendosi alla guida e guardando Elena dal finestrino le disse: «Quando si vuole aiutare un’amica la si aiuta, non si rompono i coglioni!» poi partì velocemente per non sentire le imprecazioni in marchigiano della ragazza.

Raggiunse Anna appena fuori dall’uscita del porto. Stava camminando velocemente, nonostante in spalla avesse uno zaino quasi più grande di lei, aveva già alzato il dito per l’autostop.

Le si fermò a fianco e abbassò il finestrino: «Dai sali!»

«Vuoi rompere le palle pure tu?»

«No ti voglio portare a Kyllini!»

Anna si fermò e lo scrutò, rimase in silenzio a lungo pensando a quanto fosse opportuno accettare quel passaggio, poi Keplero si presentò con il suo immancabile “Meow” e lei sorrise: «Un uomo che si porta dietro un gatto non può essere cattivo no?»

Fabrizio sorrise «Bisognerebbe conoscere la lingua dei gatti per esserne sicuri!», risero insieme, poi lei spostò il felino nella sua piccola gabbia sul sedile posteriore, appoggiò vicino lo zaino e si accomodò come passeggera.

«Io però non ho gatti che possano garantire sul fatto che sia una brava ragazza!»

«Non fa niente, Keplero garantisce anche per te!»

Fabrizio alzò il volume dei Pink Floyd e l’auto imboccò la statale.

[…]

Anna aveva compiuto il suo rito in silenzio, appena il sole era sorto. Lui aveva rispettato il suo dolore lasciandola da sola e dandole fiducia. Nonostante quella scogliera così alta sembrava invitare anche lui nel vuoto quando la guardava, si era fidato delle parole di Anna: «Ho passato quel momento» lo aveva nuovamente rassicurato avvicinandosi al precipizio.

Il bracciale volò nella luce crepuscolare mentre qualche gabbiano iniziava a volare e a compiere le sue acrobazie lungo quella scogliera ed Anna rimase ferma per alcuni minuti. Nel silenzio quasi mistico del luogo Fabrizio udì il respiro profondo e lungo di Anna ripetersi ancora e ancora e ancora.

Poi si girò ed entrò in auto. Prese gli occhiali da sole di Fabrizio che erano sul cruscotto e se li infilò. Appoggiò quasi sfinita la nuca sul poggiatesta e pensando ad alta voce disse: «Love will tear us apart…»

Fabrizio la guardò e aggiunsero insieme «…again!»

Anna fece una smorfia e poi scosse la testa come se non fosse convinta: «Perché dice che l’amore ci dividerà? È la morte che ci divide, non l’amore!»

«Anche l’amore può dividerci, pensa se ti innamori di un altro ad esempio e lasci il tuo partner!»

«Ma che c’entra? Comunque l’amore… non…»

«In realtà la traduzione non è così semplice, ‘love will tear us apart, again’ anche se tutti traducono questo verso in modo scolastico con ‘l’amore ci dividerà’ ‘ tear us apart’ fa riferimento a qualcosa di più drammatico, uno strappo, un rottura, ‘tear’ può significare anche rompere. Insomma, penso che quello che volesse dire Ian Curtis è che l’amore può distruggerti.»

Anna rimase in silenzio dietro la protezione degli occhiali scuri, poi una lacrima scese fin sotto la lente da sole.

«Quindi, alla fine questi Joy Division mi stanno dicendo che se ami tanto dopo puoi soffrire tanto proprio perché l’amavi!»

«Mmm… si penso che il senso sia quello.»

«Ian cazzone Curtis» disse Anna. Poco dopo si addormentò sul sedile.

Love will tear us apart – Joy Division

Le altre 21 canzoni:

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L’avvelenata
Time
Il giorno di dolore che uno ha
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Ci penserò domani
Meri Luis
The chauffeur
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Ob-la-di, ob-la-da
The Times they are a changin’ – Things have changed
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The captain of her heart
The bard’s song
Stay. Faraway, so close
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Wish you were here
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Canto del vuoto