Quanti e quante adolescenti ha malinconicizzato (che vuol dire che il verbo non esiste? Mica l’Alex del Brizzi è l’unico che ha la licenza di giocare con le parole eh!) Jack Frusciante con la sua uscita dal gruppo?
Ecco, evidentemente l’autore si sentiva in dovere di tornare a renderli tali anche da cinquantenni, perché tanto si sa, si cresce come si cresce e si può diventare adulti belli forti e ricchi, e mica solo nel senso di avere tanti sghéi come direbbero i protagonisti di Brizzi, ma alla fine ci ritorneremmo tutti a quell’età; magari portandoci dietro qualche neurone in più, ma anche se non si può pazienza. Ma si dai, ci ritorneremmo tutti, suvvia!
Lo diceva il Vecchioni (Milano mia/ riprenditi pure/quel po’ di soldi/ quel po’ di notorietà…) e lo diceva il Guccini tanto per restar nella zona di Alex (se guardi nelle tasche troverai / gli spiccioli che ieri non avevi ma/ il tempo andato non ritornerà). Lo dicono oggi, pensate un po’, anche quei pischelli dello Stato Sociale che pure quell’età l’ha passata da poco (Niente è vero /eccetto le canzoni che scrivi a sedici anni / nei cessi di un bar).
E allora, doverosamente, da cinquantenni ce lo dobbiamo rileggere il seguito di Alex, ma non di un Alex che ha l’età dell’Alex che siamo noi, no perché quel furbén del Brizzi ce lo ripropone tal quale. Come se non bastasse aggiungiamo, che già a ripensarlo che pedalava come un Girardengo solo più basso e rock non ci immalinconiva abbastanza. No! Dobbiamo seguirlo su quella bici per altre pedalate da adolescente, a noi che se proviamo a risalire su una bici oggi per una di quelle girate sui colli occorre prenotare due mesi di fisioterapia; e ci fa pure rosicare per quell’interrail che a noi saltò perché un paio di anni prima dell’Alex di Brizzi c’erano il Saddam e il Bush senior che martorizzavano il pianeta e col cavolo che i parens apprensivi ci dessero i soldi per tickets o che i presidi ci mandassero in gita all’estero.
Ma sfoghi personali a parte, dai che ci ripedaliamo volentieri con l’Alex e le sue paranoie e ci leggiamo anche le lettere dell’Aidi che lui non sa, e alla fine ‘sta botta di malinconia per l’Alex di Brizzi ma anche per l’Alex di noi, davvero non ci dispiace.
Anche perché tra una pagina e l’altra, come fra quelle pagine e l’altre di trent’anni fa il Brizzi ti regala delle chicche che uno si tatuerebbe sul braccio o sul petto se fosse di questa generazione o di quella dell’Alex, ma la nostra di quattro anni prima dell’Alex ai tattoos non si era convertita in tempo, del resto quattro anni a sedici anni sono il corrispondente di quattro generazioni canoniche. E comunque, tornando a noi che tendiamo a divagare come si fosse un personaggio del Brizzi, dicevamo tra una pagina e l’altra ti capita di leggerti:
“Le persone che si amano devono stare vicine vicine e darsi un sacco di baci, saziarsene prima che a uno dei due venga una fame atroce e si illuda di placarla insieme a qualcun altro, altroché.”
Et voilà, gioco set e partita per il Brizzi contro il cinismo anemozionale che pur va tanto di moda, oggi come allora.
Poi vabbè tutti i gusti son gusti e non è che vi debba piacere per forza, ci mancherebbe, solo quel che ci fa davvero (ri)salire la rabbia adolescenziale con cui spaccheresti anche i vasi che hanno ricevuto i parens per regalo di nozze è quando vi si sente dire…. “Eh sì però quel finale…” Ma allora non si è ancora capito oggi come allora? Questa è la storia dell’Alex del Brizzi, e se non vi piace scrivetevela un’altra da voi, che a noi ci è piaciuto l’uno e ci piace anche il due.