Ti vedo.
Ti inquadro.
Scatto.
Studio la posizione.
Provo un emozione.
Scatto.
Cambio il movimento,
un poco mi lamento.
Scatto.
Ritorno sui miei passi,
i tuoi occhi sono bassi
alzo il tuo mento
ma ormai fai parte dell’arredamento.
Urlo, ti scuoto, ti insulto, ti spavento.
Calcio il cavalletto e rompo il paravento,
non importa se ti dovrò atterrire
la tua anima in foto deve uscire.
Piangi, hai paura
ti abbraccio e mi scuso.
Tolgo la mia faccia dura
ed ora di nuovo ti uso.
Eccola fuori la tua parte
quella che è dentro la tua carne
la fisso, la inquadro
e scatto leggiadro.
Scarico, stampo, ispeziono, ingrandisco,
cerco e ricerco ma non capisco
e lo schermo infine demolisco.
Il particolare
della tua anima scoperta,
non si fa stampare
e la foto lascia deserta.
Sempre nel mirino lo vedo,
almeno così credo,
ma della vita è un minimo dettaglio
che nelle mie foto resta un abbaglio.