La pazienza di Federico si stava esaurendo, fortunatamente i chilometri che li separavano da Riva del Garda erano ormai pochi.
“Per una volta che io e Flaviana abbiamo una settimana di ferie chi ce l’ha fatto fare di portarci dietro questi due esseri? Non li potevamo lasciare a Viterbo?”
Gli esseri in questione erano Greca, cugina di sua moglie, e l’ennesimo toy boy di questa, Alex.
Flaviana era una persona fantastica ma chissà perché quando c’era sua cugina formavano una coppia insopportabile.
“Federì ma che sono questi libri qua dietro? Ma che per una settimana di ferie che hai te la vuoi rovina’ coi libri?” chiese Greca calcando volutamente l’accento viterbese per far sorridere Alex.
Ennesima battuta idiota del viaggio sul suo essere snob e radical chic come diceva lei. Federico sbuffò, pensò di inchiodare e mettere le cose in chiaro, ma grazie ad un paio di respirazioni profonde ritrovò la calma. Fortunatamente, dopo la curva successiva, Riva del Garda si mostrò in tutta la sua bellezza. La vista dall’alto era magnifica, il lago cristallino e le montagne che precipitavano nell’acqua lasciavano chiunque a bocca aperta.
Fermò l’autovettura in prossimità del belvedere e scese per gustarsi il panorama.
Sul belvedere, mentre Greca e Alex si scattavano i selfie di rito, Flaviana chiamò suo marito per una foto ma Federico parve non sentirla.
“Federico!” disse Flaviana aumentando il tono della voce ma senza ottenere nessuna risposta.
“Federico!!!” ripeté più forte. Nulla.
Quando suo marito si estraniava in quel modo sapeva che poteva accadere qualcosa di spiacevole.
Si avvicinò a lui e si accorse che stava cantando, o meglio sembrava stesse recitando una poesia… ma in latino?
“…omnia pura purorum acta omnia pura purorum acta…”
Lo scosse con una mano sulla spalla e lui si girò. Aveva la fronte imperlata di sudore e gli occhi spiritati.
Flaviana si portò la mano alla bocca e imprecò in silenzio, non era la prima volta che succedeva.
I suoi movimenti dettati dall’esperienza furono rapidi e consapevoli. Gli prese la mano, gli mise un braccio attorno alle spalle e cominciò a tranquillizzarlo.
“Ma che succede?” chiese Greca.
“Zitta! Salite e non dite niente!” comandò Flaviana. Alex fece una faccia meravigliata, ma Greca lo condusse al sedile posteriore dell’autovettura. Sapeva bene che quando Flaviana assumeva il comando bisognava ubbidire.
“Cioè come si chiama questa cosa?” Greca seduta al tavolo nella hall dell’hotel Berni non voleva credere alle parole della cugina.
“Sindrome di Marco Polo”
“Mi stai prendendo in giro?”
“No, glie l’hanno diagnosticata dopo il viaggio ad Edimburgo, capita ad alcuni viaggiatori assidui!”
“Cioè lui arriva su un posto che gli piace e… che fa? Va in trance?”
“Non proprio… cioè all’inizio si, ma poi si comporta come se fosse posseduto”
“O dio mio! E non ci hai mai detto niente?”
“Dai Greca, cosa dovevo dirti? è successo una volta, poi con i farmaci prescritti non l’ha fatto più”
“Ma ad Edimburgo cos’è successo?”
“Cominciò a parlare in un inglese forbitissimo e accusava tutti di aver traviato le sue teorie!”
Greca guardava la cugina con gli occhi spalancati.
“Si, insomma credeva di essere Adam Smith e diceva che era stato tradito perché lui era un filosofo non un economista!”
“Ma Federico che ne sa di Adam Smith che ha fatto i geometri?”
“Appunto è proprio questo lo strano… ma cosa sta succedendo?”
Delle persone correvano attraverso l’atrio dell’hotel e si precipitavano all’esterno dove c’era qualcuno che guardava in alto.
“Scusi ma cosa…” provò a chiedere Flaviana ad una signora che le passava a fianco.
“C’è un pazzo nudo sul tetto dell’hotel!”
Le due cugine si guardarono, Greca si precipitò all’esterno, mentre Flaviana corse alla camera numero 13 dove aveva lasciato Federico sotto la guardia di Alex.
Dopo le scale fatte di corsa spalancò la camera. Alex dormiva sulla poltrona mentre la finestra era spalancata. Corse sul balcone, ma non aveva dubbi su chi era l’uomo nudo sul tetto.
“Omnia pura purorum acta…”
Flaviana si sentì mancare, poi si riprese grazie a quello spirito che nell’essere umano nasce solo nelle situazioni più difficili.
Svegliò Alex con un calcio negli stinchi, questo si alzò bestemmiando e le urlò: “Oh ma che fai?”
“E non è ancora niente, spera che Federico non si faccia male!”
Si lanciò di nuovo sulle scale sperando che al tetto ci si arrivasse anche con una via più facile rispetto a quella che doveva aver fatto Federico arrampicandosi per i terrazzi e le grondaie.
Arrivata in cima aprì una porta e si trovò dietro a suo marito, che completamente nudo, passeggiando sul cornicione arringava la folla.
“Guardate, empi! Guardatelo il vostro dio pittato alla rocca! Guadatelo e ditemi se odia le donne! Ditemelo se predica lo celibato! Guardatelo stolti! E poi venite a darci pace sulla piana dominata dai forti del monte Brione dove riposano le ceneri della memoria! Dateci pace!
Omnia pura purorum acta, non item corruptorum atque infidelium, eorum ipsae mentes coscientiaeque corruptae”
Flaviana trovò finalmente la forza per chiamare suo marito. “Federico!” urlò.
L’uomo interruppe la sua litania, si voltò e la guardò. Per un attimo lei pensò che potesse rinsavire, invece disse: “ Dacci pace, donna pura e riavrai tuo marito”
Poi come una scimmia saltò per i terrazzi sottostanti fino alla strada fra le urla della gente, poi si dileguò sulla collina fra gli ulivi.
Dopo una settimana dalla sua scomparsa la polizia aveva cominciato ad essere pessimista. Flaviana cercava Federico inutilmente in ogni angolo del paese; senza neanche l’aiuto della cugina tornata da giorni a Viterbo.
Stava affiggendo ovunque volantini che mostravano il volto di Federico, entrò al museo della rocca e il custode le disse di lasciarli in ogni stanza per avere la massima visibilità. Così mentre camminava in quei corridoi vide “L’ultima cena” di Pietro Ricchi.
Guardò Gesù al centro del tavolo con una donna quasi lasciva appoggiata a lui con gli apostoli al fianco scandalizzati. Ripensò alle parole di suo marito in trance e un’idea le balenò in mente.
Prese il suo iphone con le mani tremolanti, digitò “eresie a riva del garda” su google e trovò un articolo sulla presenza nel paese di Frà Dolcino prima di essere ucciso in Piemonte.
Corse dal custode del museo quasi urlando: “C’è una chiesa sul monte Brione?”
“No Signora, ci sono solo i forti!”
“Ma sotto, sulla piana c’è una chiesa?”
“C’è la chiesetta di San Giorgio che sta quasi ad Arco ma… signora dove va?”
La gazzetta dell’Adige 17.9.2017
Le ricerche dello scomparso viterbese fanno scoprire una fossa comune dei seguaci Dolciniani uccisi dall’inquisizione. Lui è sano e salvo.
Dovrà ringraziare a lungo sua moglie appassionata dei romanzi di Dan Brown se è uscito vivo da questa storia Federico Latini di anni 43, scomparso qualche giorno fa. L’uomo sembra sia affetto da una malattia misteriosa quanto rarissima che lo manda in trance quando è in un luogo che lo sorprende per la sua bellezza. Secondo quello che racconta la moglie è stato “posseduto” dai fantasmi dei dolciniani uccisi dall’inquisizione e mai ritrovati fino ad oggi perché sepolti in una grotta nascosta dalla chiesa di San Giorgio. La moglie ha avuto l’illuminazione guardando un quadro del museo che, a suo dire conferma quando asserisce Dan Brown nel suo famoso romanzo. Fatto sta che il marito è stato ritrovato nella tomba segreta fra gli scheletri del 1300 al limite della disidratazione, ma adesso è fuori pericolo.
Ora c’è solo da sperare che non qualcuno si metta a cercare a Riva la tomba della Maddalena che a far danni bastano i ciclisti spericolati.