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Mi chiamo Serena

Pubblicato il 12 Ott 2025

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Mi chiamo Serena.
Vado a scuola ogni giorno,
ma non come gli altri.
Io entro più tardi,
da una porta più piccola,
che fa meno rumore.

Ho una stanza tutta mia.
È grande, ci starebbero
tutti i compagni che non ho.
Ci sono due insegnanti
una ha gli occhi stanchi,
l’altra canta piano.
Dai vetri vedo l’ingresso:
passano scarpe, zaini, risate.
Io guardo, e aspetto.
Aspetto qualcosa che non so.
I grandi dicono che sono “speciale”.
Ma non dicono se è bello,
o brutto.
Dicono anche “aula calma”,
perché “sostegno” suona male.
A me però sembra
una prigione col nome gentile.
Io non ho fatto niente di male.
Solo che le parole
non mi escono dritte dalla bocca,
si incastrano.

Quando parlo,
a volte vengono suoni strani.
Li chiamano ecolalie.
Mi piace quel nome:
sembra una canzone,
una parola che luccica.
Io sono diversa, sì,
ma non malata.
La diversità non si attacca
non è un raffreddore.
Vorrei stare con gli altri,
ridere nelle loro voci,
tenere in mano un compito.
Ma anche mamma e papà
mi vogliono qui dentro.
Dicono che è per il mio bene.
E io ci credo,
perché li amo.
Però, certe volte,
penso che se un giorno
riuscissi a parlare
tutte le parole che ho nel cuore,
forse mi aprirebbero la porta.
E io potrei uscire,
finalmente,
a giocare nel mondo.

Barbarica Mangusta