Seguire passo passo lo svolgimento di un torneo come gli europei o i mondiali di calcio è una delle cose che fa percepire meglio quanto il tempo scorra molto più velocemente di quello che pensiamo.
Tutti i tifosi ad aspettarlo in fervida attesa e tutti gli altri a dire “ommioddio chi sopporterà un mese di partite?” e invece in un attimo, eccoci alla finale di questo strano europeo.
Strano perché normale, con i tifosi sugli spalti.
Strano perché dopo tante sorprese (Galles, Danimarca, Svizzera) la finale è fra due delle squadre più quotate anche se forse un pelino dietro a Francia e Belgio.
Strano perché sembra già tutto scritto, 55 anni dall’ultima volta che gli inglesi hanno vinto un torneo per nazioni nel calcio (e questa cosa gli rode tantissimo, loro che il calcio lo hanno inventato), di nuovo a casa loro, di nuovo con un’occasione unica per interrompere il digiuno di vittorie (oddio, unica non tanto visto che si sono clamorosamente divorati quella del 1996).
Strano perché torniamo a sentire intorno al calcio discorsi che non sono di calcio. E non è tanto il (solito) “pane e circensem” a cui siamo abituati da tempo ma quanto sentire attirbuire alle vittorie dell’Italia calcistica dei demeriti assurdi come, pensate un po’, la mancata approvazione dell Ddl Zan o i pasticci economici attorno al recovey fund.
Ci perplimiamo e vorremmo capire chi si fa distrarre da cosa dopo i due ultimi assurdi anni, ma non è questa la sede per approfondire. Per quel che ci riguarda la connessione fra calcio (e sport in generale) e vita reale è quella che fa Il Pacino in “Ogni maledetta domenica” il resto non ci interessa. E non abbiamo detto che non esiste, semplicemente che non ci interessa, perché è troppo facile tirar fuori i complotti solo quando fa comodo.
Ad ogni modo non ce l’asettavamo che la truppa di Mancini arrivasse fino in fondo, pensavamo che Belgio o Spagna ci avrebbero mandato a casa. Ora siamo lì, di fronte a una corazzata motivata, che gioca in casa, ed esaltata dal progressivo miglioramento in corso d’opera ma sinceramente ci farebbe davvero piacere che i due ragazzacci degli anni ’80 Vialli e Mancini alzino insieme, da allenatori, quel trofeo che avevano sfiorato nel 1988. E ci farebbe piacere per una squadra che andata ben oltre i propri limiti.
In realtà il nostro sogno sarebbe il seguente, che gli azzurri si presentino in campo con le facce dipinte come gli highlander di William Wallace nel film Braveheart e che dopo gli inni nazionali ripetano il gesto delle truppe hollywoodiane di Mel Gibson verso il palco gremito di autorità e litri di sangue blu.
Dopodiché lo svolgimento della partita sarebbe pleonastico, anzi forse ci assegnerebbero il titolo a tavolino.