Diciassette anni.
Anzi, sedici anni e otto mesi. Perché allora anche i mesi erano importanti.
Il mare era già un ricordo sbiadito perché papà ci portava a Gabicce sempre all’inizio di Luglio. Dal primo al quindici, non c’era verso di sbagliare, stessa spiaggia stesso mare.
La scuola era alle porte e puntualmente era tornato il campionato di calcio. Il 1989 non era un momento facile per gli juventini come me, tre anni senza scudetto a vedere Napoli Inter e Milan che dominavano la scena mentre la squadra bianconera non era riuscita a gestire l’addio al calcio di Michel Platini.
Ma quell’anno c’erano buone premesse, con Zoff in panchina e i nuovi acquisti Schillaci, Casiraghi ed Alejnikov.
Il 3 settembre 1989 era una domenica in cui si era svolta la seconda giornata di campionato… quei bei tempi in cui le partite si giocavano tutte in contemporanea e non dovevi avere due segretarie assunte apposta per ricordarti quando c’erano gli appuntamenti della serie A.
La Juve aveva travolto il Verona di Osvaldo Bagnoli sul suo campo. Due gol di Schillaci, poi Fortunato e Marocchi. Una quaterna che già faceva sognare tutti i bianconeri d’Italia. Ma la sera alla consueta domenica sportiva Sandro Ciotti con la voce più rauca del solito aveva interruppe i servizi annunciando “dobbiamo dare una notizia bruttissima, è morto Gaetano Scirea in un incidente d’auto in Polonia“.
Ero da solo a casa, l’atmosfera diventò surreale, Tardelli lasciò in lacrime lo studio e Sivori, Sassi e Maifredi non riuscivano a dire una parola. Edoardo Bennato rinunciò a cantare anche se doveva essere ospite. Spensi la tv poco dopo, volevo uscire e invece rimasi a casa a guardare i vecchi album della panini.
Ancora oggi quando sento il nome “Scirea” sento un brivido lungo la schiena e penso che questo succeda a molti della mia generazione.
“Chi è stato il miglior calciatore della storia del calcio?” a questa domanda si apre la solita diatriba Maradona Vs Pelè, affiancata da qualche nostalgico italiano che prova a dire Rivera o Baggio, i nostalgici francesi che vedono in Zidane il loro eroe e qualche alcolista di Belfast memore del fatto che se non avessero inventato la fermentazione alcolica George Best si sarebbe mangiato tutti questi insieme in un dribbling di tacco.
A parte me, quasi nessuno osa proporre sul gradino più alto del podio Gaetano Scirea… forse perché era un difensore… o forse perché fa troppo male il suo ricordo.
Un difensore centrale molto atipico, Gianni Brera diceva che era troppo poco cattivo per giocare in quel ruolo, ma Gaetano pensava solo a giocare, com’era consuetudine per la sua natura. Mai una polemica, mai una risposta piccata ai giornalisti. E proprio giocando riuscì finalmente a far quadrare perfettamente il catenaccio all’italiana che portò i successi di Trappattoni e il mondiale di Bearzot nel 1982. Con Scirea nel ruolo di libero, staccato alle spalle dello stopper e dei terzini, nessuno poteva più parlare di “uomo sottratto alla manovra per avere un ultimo baluardo“, semplicemente perché lui in quella posizione non c’era mai quando la sua squadra aveva il possesso palla, anzi attaccava fin nell’aerea avversaria (guardate chi c’è a impostare l’azione di attacco nell’area tedesca nel famoso gol di Tardelli nella finale del Mundial del 1982). Poi quando un compagno sbagliava con una corsa elegante quanto veloce era sempre presente a rimediare con tackle precisi che toglievano il pallone all’attaccante avversario lanciato a rete.
“Un trequartista che gioca nella sua aerea di rigore”, “Scirea sembra danzare fra la palla e gli avversari quando interviene”
Ma soprattutto era un signore, fuori e dentro al campo. Mai espulso (forse unico difensore della storia), mai una polemica. Anche il più antijuventino degli antijuventini doveva ammetterlo: su Scirea non si poteva dire nulla di male
Il giorno dopo comprai il corriere dello sport. C’era un articolo in prima pagina dal titolo: “Quando ti lascia uno del gruppo“. Leggerlo mi fece piangere tutte le lacrime che non avevo pianto quella notte. Lo ritagliai e lo incorniciai nella mia stanza dove ci rimase per un bel po’.
Piansi perché… no, Scirea no. Tutti, ma Scirea no. Il migliore di tutti non poteva morire in un banale incidente stradale per essere andato a visionare il Gornik Zabrze (prossimo avversario nella coppa Uefa della Juve). Ma su stiamo scherzando? Più leggevo i particolari, più bestemmiavo e mi sentivo male; prendevo quel giornale, lo appallottolavo e lo sbattevo al muro… e poi lo riprendevo e fra altre lacrime rileggevo. Bruciato vivo. Per un tamponamento banale la macchina era esplosa a causa delle taniche di benzine nel portabagagli come scorta. C’era la crisi in Polonia e temevano di non trovare un distributore aperto. No. Non poteva essere lui. Il migliore di tutti.
E invece sì. Il 3 settembre 1989 Gaetano Scirea morì in uno stupido incidente per andare a visionare una stupida squadra polacca a cui la juve avrebbe rifilato cinque o sei gol qualche giorno dopo. Ed era morto in un modo così atroce che mi sarebbe dispiaciuto anche se si fosse trattato del peggiore delinquente del mondo.
Sarà banale, ma in quella data fisso anche la morte della mia giovinezza.