Questo libro del mio amico Andrea Marinucci Foa e di Manuela Leoni era rimasto indietro in quel “cumulo” malefico di libro che nelle case dei grandi lettori non può mai mancare.
Spero che mi perdoneranno questo ritardo nella lettura, ma del resto essendo anche loro, di certo, grandi lettori sapranno bene come funzionano queste cose!
Ad ogni modo, dico che sono certo che anche loro sono grandi lettori perché si riconoscono a prima vista i libri (o i racconti) scritti da chi ha letto tanto e quelli scritti da chi si improvvisa scrittore con poche letture alle spalle.
Infatti da quando ho avuto anch’io la fortuna di pubblicare qualcosa a chi mi chiede un consiglio io do sempre lo stesso: leggere, ma leggere tanto.
Il thriller-fantasy impostato dai due scrittori ha un ottima struttura e un’ottima caratterizzazione dei personaggi (quasi maniacale arriverei a dire, ma che sia ben chiaro che è un complimento). Oltre al detective Jacques Korrigan (che in realtà accetta questo nome derivante dagli abitanti di Brocèliende solo alla fine del libro), gli altri membri della squadra speciale in cerca di misteri compongono un ottimo coro di personaggi che danno visualizzazione alla storia stessa.
Dato che in un thriller è sempre un delitto svelare troppo della trama cerco di fare delle citazioni su un po’ di cose che mi sono tornate alla mente con la lettura di questo libro.
Il protagonista mi ricorda molto la figura di Martyn Mystére (e anche questo per me è un gran complimento).
Il direttore Kim mi ricorda nei modi lo Xavier degli x-men, anche se lascia i poteri psichici alla sua vice.
Il personaggio di Mac invece mi fa sorridere pensando al classico complottista che sbaglia però complotto.
La costruzione della storia mi ricorda “la compagnia dell’anello” di Tolkien, nel senso che la prima parte della storia manca un po’ di ritmo da thriller, ma questo è inevitabile perché gli autori devono “spiegare” le regole del gioco di un mondo così complesso. Questo è un annoso dilemma dello scrittore fantasy-horror-science fiction che si trova inevitabilmente di fronte alla domanda come faccio a spiegare “le regole del gioco”? Perdo metà libro a dire cosa sono gli elfi i nani e i troll o i viaggi nel tempo (tanto per fare degli esempi) con il rischio di annoiare il lettore e perderlo o lo spiego ogni qualvolta che incontro il topos narrativo correndo il rischio di disorientarlo e fargli dire “si vabbè ora anche questo…”?
In un libro strutturato per essere il preludio di una serie (speriamo lunga) la scelta Tolkienana per me è sempre vincente se si ha il buon gusto di non esagerare.
A questo proposito, anche visitando il sito dedicato alle loro produzioni vediamo che il nostro Jacques non ha ancora avuto un seguito se non uno spin-off… e quindi? Cosa si fa ragazzi? Si batte la fiacca?
Scherzo ragazzi, ovviamente.
Mi sono lasciato un ultimo complimento da farvi che spero girerete a chi di dovere, e cioè a chi ha fatto l’editing di questo romanzo, perché ve l’assicuro è molto raro trovare un libro self-publishing così pulito.
Allons Enfants!