Ospiti
Una scelta difficile
Pubblicato il 6 Mag 2014
Scritto da Andrea Pallotta
“Il tempo di un caffè e vengo da te amore!”disse Enrico alla moglie che era indaffarata al computer.
Era circa un anno che lui e Chiara erano venuti a vivere “nella natura”, come amava dire lei ogni qualvolta parlava del loro trasferimento.
Avevano lasciato la città stressati dalla vita concitata che facevano da anni. Lui, rappresentante di prodotti alimentari, eternamente in macchina a districarsi tra un ingorgo e l’altro e col fiato sempre sul collo per dover chiudere un nuovo contratto con il negoziante di turno. Chiara, invece, impiegata in un call center di una compagnia telefonica di quelle spremi-cervelli a ricevere chiamate di clienti inviperiti per una ricarica fallita o un sms non arrivato a destino.
E no! La vita valeva di più di quelle misere routines, come quelle di tanti altri, scandite tra un impegno serrato e l’altro in una corsa frenetica senza fine.
“Recuperare il tempo perduto”, era diventato da qualche anno l’obiettivo di entrambi e nei discorsi con gli amici, sempre intenti a dissuaderli dall’idea di trasferirsi in campagna e cambiar vita, i due si coalizzavano nell’intento di rendere vani questi insidiosi tentavi di intromissione nelle loro scelte.
Enrico incalzava Chiara, la sera, nel momento di coricarsi dopo una cena trascorsa con gli amici più cari da anni, Angela e Filippo dicendole: “hai sentito Pippo quando ha detto che tempo due mesi torneremo in città a testa bassa e valigie in mano? In campagna ti muori di pizzichi!! Che fai tutto il giorno senza vedere un’anima viva? Parli forse con gli alberi?
E lei, Chiara, nell’udire il tono sdegnoso con cui il marito ripeteva quelle parole, era felice di sentirsi sua complice in quel progetto che stavano costruendo insieme, giorno dopo giorno, con la stessa cura di come si annaffia un seme appena piantato con l’ansia poi di vedere finalmente sbucare la piantina dalla terra.
Anche i suoi colleghi, ogni giorno, nella mensa del call center, la rintuzzavano insistentemente chiedendole se ci avesse pensato bene a dare esecuzione a quella malsana idea di strappo dalla civiltà senza ritorno. Quasi fosse, quella scelta, una rappresaglia per sentirsi offesa dagli unici valori rassicuranti e per loro irrinunciabili, offerti dalla società civile.
Ma la coppia non mollava il suo osso e “la Natura” in effetti li stava finalmente risarcendo degli ultimi grigi anni vissuti in città.
Si erano presi quattro ettari di terra in collina ed avevano ristrutturato un vecchio casolare in pietra. Un duro lavoro avevano dovuto affrontare per risistemare quell’appezzamento che ora, però, appariva un piccolo gioiello della moderna agricoltura, diviso tra campi ben arati, vigne potate e rigogliose, qui e lì qualche albero da frutto ed anche una piccola stalla che dava ricovero a poche capre.
Enrico amava svegliarsi presto al mattino e mettere su il caffè, e nel mentre che questo bolliva, appoggiava il suo volto al vetro umido della finestra della cucina per osservare la sua terra, incredulo di aver realizzato tutto ciò. Guardava con ammirazione i frutti degli alberi che in quell’estate penzolavano dai rami gonfi di succo dolce, ed il pensiero gli andava di lì a pochi giorni, quando li avrebbe colti e con gran soddisfazione messi sulla tavola per gustarli insieme alla sua Chiara. Con gli occhi, poi, scorreva il perimetro delle colline sullo sfondo ed ogni tanto scorgeva qualche casolare con vicino sparsi un po’di attrezzi agricoli. Immaginava allora le vite di quelle persone che probabilmente da sempre, erano legate a quella terra, a differenza sua che era un novizio per quella vita.
Chiara si dava alacremente da fare per cercare di dar corpo ad un suo vecchio sogno, quello di trasformare ulteriormente quella piccola azienda, ormai avviata, in un accogliente agriturismo.
Ogni giorno, si districava tra gli uffici comunali e della provincia per ottenere le autorizzazioni necessarie alla nuova attività e nel contempo, aveva già dato inizio ai lavori di ristrutturazione di una parte del casale per ricavare le stanze e gli alloggi ricettivi.
Il trasferimento aveva giovato anche al loro rapporto. Il tempo riconquistato aveva calmato i loro animi e li aveva resi più disponibili ad incontrarsi, a riconoscersi.
Passando da una stanza all’altra della casa si scrutavano come non si fossero mai conosciuti e la voglia di amarsi l’un l’altra saliva come la febbre.
Il tempo trascorreva lento in quell’oasi di verde intenso e più passavano i mesi, più si radicavano in loro gli esiti di quella scelta.
L’agriturismo aveva preso piede ed impegnava quotidianamente le mansioni di Chiara. Gli apprezzamenti che spesso gli ospiti le rivolgevano per la bellezza del luogo, le specialità della cucina e l’ottimo servizio ricevuto, stuzzicavano il suo orgoglio ripagandola di tutti i suoi sforzi, mentre Enrico, che aveva acquisito buone conoscenze in ambito agronomico, stava caratterizzando sempre più le colture dell’azienda col recupero di vecchie sementi che andavano trovando sempre più spazio sul mercato, ormai saturo di prodotti standardizzati e insapori.
Col tempo, i rapporti con i vecchi amici di città si erano piuttosto diradati. Nuove amicizie si erano venute a creare con gli abitanti del luogo o con alcuni ospiti affezionati dell’agriturismo.
Enrico, però, ripensava sempre alle parole di Pippo riguardo il loro trasferimento e rimuginava interrogando Chiara:”Guarda tu com’è fatta la gente…”gonfia il petto quando sente di stare nel giusto e poi, invece, quando prende una toppa non lo trova mica il coraggio di ravvedersi! A parte qualche squillo di telefono ogni tanto per riempirci delle loro nevrosi, avesse mai pronunciato mezza parola su come ci troviamo qui”
“Forse gli brucia troppo” lo incalzò Chiara. Sai, l’orgoglio di alcune persone è superiore alla dignità di riconoscere i propri errori” Non è una novità in Pippo, ti sorpende?
Enrico non rispose a Chiara, il suo pensiero era tutto rivolto all’invidia dell’amico. Rifletteva con amarezza su quanto alcuni sentimenti sono per l’amicizia come colate di cemento su un prato fiorito e sul fatto, che sempre più oggigiorno, il non celare neppure minimamente certe forme d’ostilità verso gli altri, sia quasi una consuetudine accettata, anzi di più, una sorta di vanto. Rifletteva ancora sulle mille relazioni borghesi e formali intessute per anni con tante persone dei cosiddetti “quartieri bene” della sua città e non riusciva a farsi una ragione di come le amicizie debbano per lo più consistere in quei vuoti e ibridi scambi di pavida umanità.
D’un tratto, però, gli si illuminarono gli occhi al pensiero che quella sera sarebbero venuti a trovarli Margherita e Paolo, una coppia di cari amici che viveva nel paese vicino, a poca distanza, e all’idea che c’era da fare un po’ di legna per il bosco per accendere il camino.
Passarono alcuni mesi, arrivò l’inverno e poi di nuovo la primavera esplose con le sue fioriture e l’aria mite.
In un primo pomeriggio sonnacchioso di un giorno di fine marzo a Enrico, intento a potare i grandi rami di un noce, gli parve di scorgere una macchina conosciuta che lentamente si stava avvicinando alla recinzione della casa.
L’indugio durò qualche attimo nel quale Enrico cercava di collegare chi c’era in quell’auto ma l’incertezza si dissolse presto quando scendendo dall’albero ed arrivando nei pressi del cancello gli apparve un uomo alto e robusto con un grosso valigione in mano: “hooo ma che piacere Pippo che ci fai qui?? Qual buon vento……è tanto che non ci si sente!!”
“Sai, rispose l’ospite, avevo tanto bisogno di staccare la spina e mi son detto quale miglior idea di andare a trovare un vecchio amico in campagna e passare qualche giorno con lui”.
“Ma è una meravigliosa idea Pippo, ti ospitiamo a braccia aperte. ma guarda tu che bella sorpesa”
Dopo qualche giorno in cui l’amico aveva preso alloggio presso il loro casolare Enrico capì che quel soggiorno non sarebbe durato solo pochi giorni e che presto Pippo sarebbe stato raggiunto dalla sua Angela e, dai discorsi che faceva, avrebbero anche cercato casa nei paragi, pur disposti a fare su e giù con la città per raggiungere il lavoro.
Riuniti a tavola con l’amico Enrico guardava Chiara con rinnovata complicità e una certa soddisfazione si palesava anche dagli occhi di lei brilluccicanti e accompagnati da un sottile e sornione sorriso.