Alla fine del primo lockdown, ormai quattro anni fa, ZeroCalcare, concludeva amaramente una delle ultime puntate del suo cartone dedicato alla quarantena facendo dire a un suo personaggio: “Ah fra’, ma non vedi come stamo messi? C’hanno ridotto ai cocci!”
Senza stare a rinfocolare le polemiche sulle eccessive misure ristrettive adottate nel nostro paese, è evidente che la crisi economica, la distruzione del tessuto sociale, e l’aver negato la possibilità di accesso alle cure per quasi due anni alle persone comincia a dare i suoi amari frutti.
Se i dati sul picco di malattie cardiovascolari (ictus e infarti) dovuto non certo agli inesistenti vaccini al mercurio ma ai mancati screening di controllo erano già allarmanti a questi si aggiungono i continui allarmi per l’aumento dei suicidi cosa che vanno di pari passo con l’aumento del consumo di psicofarmaci anche fra gli adolescenti.
Non serve aggiungere che i farmaci illegali continuano ad avere un successo senza freni in barba alla demenziale “guerra alla droga” (rilanciata in questi giorni anche sul codice della strada da leghisti e cattofascisti vari che, come al solito, otterranno l’unico risultato di far prosperare le italiche mafie).
Scoprire di essere stati ottimisti quando tutti ti davano del pessimista non è mai bello. Perché quando si parla di società, che ci piaccia o no, il male è sempre collettivo a prescindere dai nostri egoismi.
“Bisognerebbe fare qualcosa” diceva Sabina Guzzanti imitando satiricamente D’Alema… ma per l’appunto, cosa? Oggi guardandosi intorno l’unica soluzione che ci appare razionale è quella di mandare tutti a quel paese, e tifare per gli asteroidi. O quanto meno, se proprio vogliamo illuderci che non tutto il mondo sia come l’Italia (ma dopo le rielezioni di Trump e Von der Layen è davvero difficile crederci), sperare che qualcuno ci colonizzi presto spazzando via tutta la struttura di questo Assurdistàn.
Parlare di usare l’ottimismo della volontà contro il pessimismo della ragione oggi suona ridicolo, soprattutto se tieni a mente che era il motto di uno che, oggi, sarebbe quanto meno condannato per eversione terrorista (ma chi non lo sarebbe oggi dei padri fondatori dell’Italia? Mazzini… Garibaldi… figuriamoci Gramsci per l’appunto).
Sul ruolo devastante dei Social Network che hanno creato delle vere bolle in cui ci circondiamo solo di cosa e chi ci da sempre ragione, sono stati spesi fiumi di parole. Tuttavia, grazie all’endemica situazione di monopolio di informazione, continuano ad essere l’unico modo per informare delle proprie piccole attività per le associazioni e i singoli indipendenti.
Tossico esserci dentro, letale uscirne (per lo meno prima di essersi fatti un proprio nome) a meno di non condannarsi all’invisibilità perpetua.
Meno si è parlato dei danni fatti dalle messaggerie vocali, ormai abusate da tutti in cui si riesce a parlare da soli pur rivolgendosi a qualcun altro. Un modo comodo di scambiarsi insulti, molto più comodo che chiamare e confrontarsi… l’ennesimo uso distorto di una tecnologia che in questo casa era nata per condividere informazioni in gruppo o per facilitare risposte brevi quando uno era indaffarato.
Insomma, che fare in questo 2025 per cercare di raccogliere i cocci di cui sopra? Non lo so ovviamente… per i consigli di vita ci sono gli influencer di tik tok che mi dicono siano bravissimi. Del resto se state ancora leggendo queste righe (già troppo lunghe secondo gli standard di leggibilità SEO) fate parte della resistenza, ovvero di quelli che vogliono conoscere un opinione per provare a far partire un ragionamento. Siete i benvenuti!
Prendiamo il mantra di questo ultimo decennio, ovvero “ricostruire dal basso”.
Certo, però quando “in basso” sono tutti a pezzi non è mica facile, that’s the question. Ad ogni modo, dato che altre soluzioni, se non quelle catastrofiste e menefreghiste di cui sopra, non ce ne sono, sempre lì restiamo. In basso.
Bisogna cercare di maneggiarsi con cura, stare attenti a non rompere i cocci in pezzi più ancora più piccoli; oppure saper capire quando a un certo punto i cocci vanno semplicemente spazzati via e passare a qualcos’altro. Per far questo potremmo cominciare ad ascoltare le risposte quando chiediamo “come stai?”.
Viceversa quando ci chiedono “come stai?” potremmo iniziare a rispondere sinceramente.
Se continuiamo da anni a ripeterci che nessuno si salva da solo e nessuno si salva se non si salvano tutti, magari dovremmo cominciare a prendere in considerazione quando ci vengono dati dei consigli o dei pareri che non ci piacciono.
Perché se siamo dalla stessa parte vuol dire che chi ci dice “stai sbagliando” lo dice anche per il bene nostro e non perché chissà che invidia abbia della nostra vita.
Banalità? Probabile, ma a tal proposito in questi giorni al cinema ho avuto modo di vedere “Una notte a New York” con Sean Penn e Dakota Johnson. Un film imbarazzante, davvero imbarazzante, per la banalità con cui ha affrontato certi temi riducendo i pur bravi attori a due stereotipi viventi.
In confronto a questa pellicola “Harry ti presento Sally” diventa un manuale di psicologia emotiva.
Se siamo davvero tutti così soli nelle nostre piccole megalopoli da trovare più facile aprirsi con uno sconosciuto piuttosto che con chi ci è vicino, forse sarebbe il caso di cominciare a rallentare i nostri folli ritmi di vita.
Noi siamo meglio di così. Siamo migliori di come insistono a volerci rappresentare.
Anche se fatti di cocci riattaccati con colle non appropriate comunque siamo meglio di così.
Proprio per questo però, bisogna volerci più bene. A se stessi e agi altri. Perché ogni volta che ci facciamo del male i cocci diventano più piccoli. E più difficili da ritrovare.
Ri-incolliamoci dal basso e restiamo umani. Io ci proverò anche per quest’anno.