Faccio fuoco appena il nemico si allinea con il centro del mirino.
Il proiettile raggiunge il bersaglio, penetra nel corpo e poi esplode; lasciando dell’invasore alieno solo schizzi di materiale organico lungo la grigia china della collina rocciosa.
Keddie e Panny fanno lo stesso contro altri due alieni sulla destra e sulla sinistra; i tre erano l’avanguardia di una pattuglia. Gli altri, nascosti fra le rocce un centinaio di metri a valle, cominciano a comunicare via radio fra loro, emettendo quei classici suoni striduli, sono spaventati di fronte alla sorte capitata ai loro amici. La loro lingua è disgustosa quanto l’aspetto fisico della loro specie. Ma è una lingua che abbiamo decifrato; e quegli sciocchi ancora non hanno capito che intercettiamo continuamente le loro comunicazioni.
Nei miei auricolari sento la voce della centrale di comando della Resistenza: “Ottimo lavoro Koxie, hanno ordinato la ritirata, ora cadranno inevitabilmente nella nostra trappola!”
Anche loro intercettano le nostre trasmissioni, ma non hanno ancora tradotto la nostra lingua. Lo sappiamo per certo.
Ingrandisco l’immagine nel mirino per vedere la sorte dei malcapitati. Sono forse una ventina quegli strani alieni che si alzano dai ripari offerti dalla nostra collina rocciosa e si precipitano a valle con quei loro movimenti rapidi ma scomposti e innaturali. Stanno correndo verso la loro morte.
Altri soldati della Resistenza li attendono nascosti fra le rocce più in basso, con le armi già puntate fra le fessure naturali di queste. I miei compagni si sono fatti oltrepassare volutamente e ora che gli cadono addosso in quella ritirata scomposta aprono il fuoco contro di essi.
È una vera e propria mattanza; gli alieni sono esposti e non hanno ripari, i potenti proiettili esplosivi che abbiamo in dotazione sono micidiali. Rispondono al fuoco, ma non hanno speranze. Poco dopo della pattuglia è rimasta solo un’informe poltiglia a sporcare il suolo del pianeta che volevano invadere.
Distolgo lo sguardo dallo zoom del mirino e ripenso a ciò che abbiamo subito da quei bastardi.
Alieni! Esseri misteriosi quanto disgustosi. Hanno armi al plasma e bombe in grado di radere al suolo intere megalopoli, nonché la tecnologia necessaria per viaggiare nel subspazio… vigliacchi!
Grazie a questa loro tecnologia possono percorrere distanze siderali in pochissimo tempo, giungendo sui loro obiettivi senza poter essere avvistati se non quando è già troppo tardi per i malcapitati.
Esattamente quello che era successo a noi.
Non c’era stata trattativa o dialogo; si erano materializzati poco fuori della nostra atmosfera e poi avevano sferrato l’attacco in diversi punti del pianeta con le loro potenti armi di distruzione di massa.
Intere città rase al suolo, potenti eserciti azzerati, secoli di arte, storia e cultura cancellati. Due miliardi di morti in pochi giorni.
Genocidio.
La parola esatta era quella: un genocidio pianificato su scala planetaria.
Cancellare la nostra civiltà per avere un nuovo pianeta su cui continuare la loro folle e continua espansione in corso da millenni. Per questa loro bulimia espansiva necessitano sempre, continuamente, di nuovi spazi e nuove risorse.
Ma tutto questo lo siamo venuti a sapere dopo! Quando la guerra cambiò e per la prima volta nella storia di quei bastardi qualcosa andò storto nelle loro colonizzazioni.
Se distruggere un pianeta è una cosa facile, lo è molto di meno prenderne possesso quando i legittimi proprietari non sono stati del tutto sterminati.
Forse era stato un istinto evolutivo primordiale a salvarci; appena abbiamo avuto la notizia del massiccio attacco alieno siamo fuggiti in massa nelle grotte e nelle gallerie delle nostre montagne e colline.
Luoghi oscuri ma sicuri, che per millenni sono stati l’habitat evolutivo della nostra specie. Anfratti naturali profondi che resistevano ai bombardamenti e hanno permesso di organizzarci.
Abbiamo aspettato. Pazientemente.
Lubrificando le nostre armi e aspettando il momento della riscossa.
Formando una nuova milizia, scegliendo i nostri generali e comandanti; gli alieni bombardavano città vuote e noi mettevamo a punto la strategia di Resistenza.
Quando infine, convinti di avere la strada libera verso l’ennesima facile usurpazione di un pianeta, scesero sulla superficie con i loro navi da sbarco finalmente vedemmo i loro volti e i loro corpi.
Quegli schifosi erano piccoli e viscidi, senza le loro armi non avrebbero mai fatto paura a nessuno. Stridevano! Urlavano! Festeggiavano sguaiatamente! Convinti che la guerra fosse finita e tutt’al più avrebbero dovuto uccidere pochi sopravvissuti.
Quando siamo usciti allo scoperto e li abbiamo attaccati in massa il terrore è apparso nei loro piccoli stupidi occhi.
Per il combattimento a terra le nostre armi erano alla pari di quelle aliene e poi, se si arrivava ad un corpo a corpo, per quegli schifosi non c’è speranza. Bastano pochi colpi ben assestati per ucciderli, soprattutto colpendo le loro fragili teste. Uno di noi può facilmente avere la meglio di tre alieni.
Quando abbiamo catturato i primi esemplari vivi abbiamo quindi decifrato il loro linguaggio e carpito i segreti militari; il destino della guerra è quindi girato decisamente dalla nostra parte.
Non abbiamo ottenuto quelle informazioni in modo onorevole… ma del resto dopo quello che avevano fatto nessuno di noi poteva provare pietà nei loro confronti.
Li abbiamo torturati, vivisezionati, tenuti in vita fino a che non avessero rivelato l’ultima informazione che gli si poteva carpire. So che alcuni compagni della Resistenza usano anche cibarsi dei loro corpi in segno di sfregio, ma a me fanno davvero troppo schifo solo a guardarli. Non credo avrò mai il coraggio di assaggiare carne aliena.
Adesso è ora di tornare nelle gallerie, presto arriveranno e dal cielo bombarderanno la zona come rappresaglia. Li lasceremo fare… ma abbiamo già pronto un piano per raggiungere le astronavi aliene, usando i loro stessi mezzi da sbarco.
Sposteremo la guerra in cielo… e se carpiremo il segreto dei viaggi subspaziali la sposteremo anche sul pianeta originario degli invasori. Perché per quello che i bastardi hanno fatto non può esserci alcun perdono. Solo vendetta.
Vendetta e fare in modo che non saranno mai più in grado di nuocere.
Sento una delle loro voci stridule e lamentose dietro di me, mi volto e lo vedo: un alieno sta gemendo per il dolore e chiedendo aiuto.
Di certo un’esplosione lo ha fatto volare per alcuni metri nella mia direzione; la stessa che gli ha amputato le gambe. Si trascina strisciando grazie ai due arti superiori.
L’alieno mi vede e trova la forza per urlare, terrorizzato.
Questo ancora non riesco a capirlo, perché sembrano così terrorizzati quando ci vedono?
L’alieno ora cerca di recuperare l’arma che gli è rimasta in tasca ma io mi muovo rapidamente e gli sono subito sopra.
Con uno dei miei arti anteriori fermo la sua mano stritolandogliela. L’alieno urla ancora più forte, imprecando quella loro divinità misteriosa di cui ancora non abbiamo ben decifrato la funzione. Non sopporto queste urla stridule, lo immobilizzo con i miei arti posteriori e con quelli mediani rapidamente stacco la testa dell’umano. è facile: con due chele spingo in basso le sue spalle, con gli altri due tiro la testa finché non si stacca. Sono dei fragili bastardi questi umani.
Così si autodefiniscono: umani.
Sollevo quella brutta testa di fronte ai miei sei occhi.
L’istinto primordiale, risvegliato dalle necessità di guerra, ha già cominciato a far produrre alle ghiandole presenti nelle mie fauci il tessuto setoso e resistente che permetteva ai nostri antenati di conservare le carni delle prede; è uno dei vantaggi evolutivi per cui noi Browns siamo diventati la specie dominante del pianeta Ricfred.
Quel tessuto è diventato poi la nostra materia prima per costruire città enormi, oramai cancellate dall’invasione di questi bastardi.
Le ricostruiremo… per ora il tessuto setoso torna buono per la sua funzione originale. Tuttavia non sopporto proprio la vista di quella brutta faccia; la classica peluria all’apice di una testa umana mi fa senso. E poi questa primitiva epidermide morbida contente uno scheletro interno è il massimo del disgusto. Mai viste assurdità biologiche del genere qui sul nostro pianeta! A cosa mai può servire avere uno scheletro duro all’interno di un corpo invece che all’esterno volto a proteggere gli organi interni? Bah, lo stabiliranno i nostri scienziati quando e se ne avranno voglia.
Estraggo la mia arma da fuoco, lancio la testa in alto e la centro mentre è in volo. Un tiro perfetto.
“Koxie! Hai finito di giocare? Stanno arrivando!”
La voce di Keddie mi riporta alla realtà. Scruto il cielo dove vedo le scie dei veicoli alieni in avvicinamento.
“Sparate pure i vostri ultimi colpi, ci incontreremo presto maledetti umani!” Glie lo urlo contro con la voce evoluta ed armoniosa propria di ogni Browns, poi mi nascondo nelle rocce urlando quello che è ormai il nostro grido di battaglia: “Resistere!”